NEL CASTELLO IL CHIANTI CLASSICO SI RINNOVA – Parte 2

Il mio “viaggio nei sentimenti” attraverso il mondo del Chianti Classico prosegue con un’altra azienda impegnata in un percorso di forte rinnovamento: Castello di Meleto a Gaiole in Chianti (SI). La proprietà svizzero-tedesca ha intrapreso negli ultimi anni una vera rivoluzione di tutto lo staff, allo scopo di dare alle proprie etichette un profilo al passo con i tempi e far sì che la splendida dimora non sia conosciuta al grande pubblico solo come location di matrimoni ed eventi.

Il Castello di Meleto

Questa rinnovata linea, anche generazionale, è ben rappresentata dai miei anfitrioni di oggi, Alberto Stella (enologo) e Sebastian Gasperini (responsabile marketing), entrambi molto giovani ma già dotati di un buon bagaglio di esperienza.

La mission delle due nuove leve, come accennato, consiste nel riportare l’attività vinicola del Castello di Meleto – citato in documenti storici come di grande rilevanza nel Chianti – al centro dell’attenzione. Dal lato promozionale, Sebastian ha lanciato un progetto di Wine Club per fidelizzare i clienti (con vantaggi sugli acquisti e la possibilità di vivere momenti esclusivi al castello) e sta implementando la formula Wine Resort per offrire ospitalità in alloggi all’interno delle vigne. Il compito di Alberto si rivolge invece a valorizzare il prodotto – partendo da livelli di qualità comunque importanti – tramite una strategia che si snoda su tre punti essenziali: cura della pianta, esaltazione del terroir, accortezza in cantina.

Sebastian e Alberto guidano la degustazione nell’enoteca del Castello

La tenuta comprende 144 ettari vitati in produzione (contornati da 800 ha di bosco) mentre altri 20 sono in fase di impianto, e dal 2021 sarà totalmente certificata biologica. I vitigni coltivati sono in prevalenza di Sangiovese, con piccole porzioni di Vermentino, Trebbiano, Malvasia Nera, Canaiolo Nero, Merlot, Pinot Nero.

Data la grande ampiezza, si possono individuare differenti macroaree aziendali, variabili per altitudine, natura del suolo (troviamo galestro, alberese, macigno del Chianti, argilla) ed esposizione: Meleto, San Piero, Poggiarso, Casi e Moci, ognuna trattata come una realtà a sé stante. Un contesto in cui l’enologo è chiamato a sfoderare un’abilità da sartoria, ma che può regalare grandi soddisfazioni e risultati.

Una vista delle vigne e della moderna cantina

Fin dall’uscita della pianta dalla dormienza, Alberto svolge selezioni accurate sui germogli, ponendo attenzione a pulizia della chioma, del tronco e del piede: si tolgono le prime foglie per rallentare la crescita iniziale nella fase di risveglio (il germoglio diventa meno vulnerabile alle muffe che possono svilupparsi nel terreno ancora umido); si seminano erbe concorrenti per sottrarre ulteriore acqua e contribuire all’asciugatura; il grappolo verde viene così subito irradiato dal sole, favorendo la fotosintesi di sostanze nobili (e non ancora di zuccheri) e la formazione di una doppia cuticola protettiva, così da scongiurare le scottature nei mesi estivi. Inoltre si sta portando ogni potatura da cordone speronato a guyot, per un maggior controllo e concentrazione del frutto.

Gli appezzamenti di San Piero e Meleto, più bassi e poveri in scheletro, con il loro equilibrio acidi/zuccheri sono destinati principalmente al Chianti Classico d’annata, mentre Moci, dove si trovano vigne giovani, fornisce la base di sangiovese per spumante e rosato. Casi e Poggiarso, complessi e peculiari, ricchi di roccia, generano due Riserva, che però presto saranno convertiti in Gran Selezione.

In cantina gli interventi sono in primis diretti al controllo dell’acidità – carattere tipico di Gaiole in Chianti – con filtrazioni accurate per eliminare più possibile vinaccioli e verdume, e col passaggio del mosto in vasche di cemento, ottime per praticare frequenti batonnage, in quanto la feccia fine torna rapidamente in sospensione e si limitano le estrazioni amare. Poi entra in gioco l’ampia batteria dei legni (botti grandi, barriques, tonneaux), da giostrare secondo l’andamento della stagione e la direzione da conferire al vino, assecondando l’indole dei vari vigneti.

Per rendere minima l’aggiunta di solfiti (che evitano l’ossidazione, ma comportano una perdita di aromi) Alberto propende a vinificare in riduzione, garantendo un lieve apporto di ossigeno tramite i travasi. Fanno da corollario altre importanti attenzioni, ad esempio l’asciugatura delle bottiglie – dopo il lavaggio – con azoto (gas inerte) per evitare ogni contaminazione del vino; la selezione dei tappi con varie prove e acquisto di forniture da più produttori per evitare che, se si applica un solo lotto e questo risultasse difettoso, si comprometta tutta la produzione; la pesatura di barriques e tonneaux per garantire uniformità a fronte di accoppiamenti tra doghe non sempre omogenee. Tutti dettagli certo dispendiosi, ma che fanno la perfezione. Del resto ogni operazione descritta comporta alla fine la rinuncia a quasi la metà del potenziale d’imbottigliamento, in favore della qualità.

La collezione di bottiglie d’annata nella cantina storica

Nella sala di degustazione all’interno del castello procediamo ora agli assaggi. Il Chianti Classico DOCG 2018 Castello di Meleto effettua per il 50% un passaggio in solo cemento, l’altra metà in botte grande da 50hl; imbottigliato a febbraio, uscirà sul mercato a novembre. All’olfatto si avverte ciliegia, macchia mediterranea, corbezzolo; bocca schietta con tannini soffici e buona lunghezza, data dall’acidità sempre in evidenza.

Il primo Riserva Chianti Classico DOCG 2016 viene da Vigna Casi, sita a 450 m s.l.m. e composta da galestro, pietra che si sfoglia e dà calore, fornendo uve più solide, asciutte e croccanti, adatte a fermentazioni lunghe. Per la maturazione – di oltre 20 mesi – sono utilizzate tonneaux, botti in legno di Slavonia da 30hl e botti di rovere francese da 50hl. Il “combo” di legni regala un vino ruspante, denso di note speziate, orientali [pepe, curcuma, semi di coriandolo] e mirtillo; sorso scorrevole, con una bella scia fresca e saporita, anche se il tannino è più teso e astringente.

Il Chianti Classico DOCG Riserva 2016 Vigna Poggiarso parla ai puristi del sangiovese senza compromessi. Suolo tutto di alberese – tanto che “sembra una sassaia” – a 550 metri s.l.m., perfetto per mantenere la durezza del tipico vitigno toscano, raccolto qui ad ottobre, con affinamento di circa 21 mesi in botti grandi. Un vino molto composto al naso, con aromi di viola, lavanda, erba fresca di montagna, mentolata, oltre a piccoli sentori verdi dovuti alle lunghe macerazioni; bocca austera e potente, per un prodotto di gran classe, da bere anche per meditazione.

L’unico Chianti Classico DOCG 2016 Castello di Meleto Gran Selezione presente adesso in gamma nasce principalmente da un piccolo “angolo magico” nel podere di San Piero, a cui si assommano uve scelte da porzioni degli altri vigneti. La maturazione dura qui 27 mesi, con botti grandi e tonneaux in legno di Slavonia, meno impattante. Naso nitido e balsamico, richiami di spezia dolce e leggeri cenni di sottobosco; in bocca è setoso e vellutato, caldo e pieno, ma conserva un’anima giovane, quasi a suggerire che ha ancora lunga vita davanti a sé.

A ricordare la versatilità dell’azienda, la chiusura è affidata al Camboi (campo di buoi) Toscana IGT 2016, malvasia nera in purezza da un’altra microzona di San Piero, con passaggio in barriques usate: generoso e sincero, naso terroso con tappeto di frutti di rovo e note più evolute; al sorso morbidezza abbinata a tannini consistenti ma non aggressivi. Un bell’esempio di recupero di un vitigno autoctono dalla difficile lavorazione, ma in grado di restituire il volto verace e genuino del Chianti.

I cinque vini assaggiati oggi

La linea dei Chianti Classico subirà in futuro fondamentali modifiche, con la presenza – accanto al vino d’annata – di una sola Riserva data dalla cernita dell’uva migliore da diversi vigneti, delle due Gran Selezioni dalle vigne Casi e Poggiarso, più una terza Gran Selezione dai filari di Trebbio, particolare microarea della zona Meleto. Non resta dunque che attendere questa evoluzione di sicuro molto promettente.

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