NELLA VIGNA-GIARDINO DI TENUTA LA MACCHIA

“I più piccoli viticoltori della Costa Toscana”: la scritta campeggia fiera all’ingresso di Tenuta La Macchia, cantina di Montescudaio (PI) a pochi chilometri dal mare Tirreno. E l’orgoglio di Letizia Martelli e Cristian Carignani – il tandem di produttori alla guida dell’azienda – è pienamente giustificato, sia perché hanno costruito da zero il loro progetto, sia perché in soli tre ettari di vigneti (circa 2,2 attorno al corpo principale dell’azienda e 0,8 in zona Guardistallo) si trova tanta qualità e concretezza. Li incontro assieme all’amica sommelier Valentina Merolli in un pomeriggio di fine febbraio, che però profuma già di primavera.

La Tenuta nasce nel 2012 rilevando un appezzamento scelto per l’alta percentuale in sabbia del terreno, garanzia di maggior freschezza rispetto alla costa (adesso ancor più importante per via dell’innalzamento delle temperature). Il vigneto, circondato dalla riserva boschiva di Scornabecchi, si trova in una conca naturale al crocevia di antichi sentieri etruschi, che dal mare portavano ai tre colli vicini di Casale Marittimo, Guardistallo e Montescudaio: un luogo quasi sospeso nel tempo, dove regnano quiete e armonia. Fin dall’inizio le idee dei due vignaioli sono molto chiare, sia sotto il profilo commerciale (privilegiando i rapporti con ristoratori ed enoteche), sia sotto l’aspetto della sostenibilità (oltre al regime biologico, l’ambiente viene tutelato in varie forme, incluso l’allevamento di api e delle capre, che pascolano tra i curatissimi filari).

Dalle prime operazioni condotte nel casale attiguo, Letizia e Cristian passano poi a servirsi di un edificio storico nel borgo di Montescudaio, oggi sede del loro wine shop. Al traguardo dei 10 anni, celebrati con un’etichetta speciale, La Macchia si pone un nuovo obiettivo: la ricerca di un altro ettaro da destinare parte alla costruzione di una cantina e parte a coltivazione, per raggiungere le 30.000 bottiglie prodotte contro le 23.000 attuali. I 2,2 ettari originari ospitano cabernet sauvignon e un ibrido di merlot e petit verdot, con impianti a cordone speronato, mentre la particella di Guardistallo – acquisita successivamente – è dedicata al sauvignon blanc; l’età massima dei vigneti tocca i 30 anni, con un costante ricambio. Ognuna delle quattro etichette in gamma nasce da un’attenta osservazione delle uve e dalla ricerca della combinazione ottimale fra le tante sfaccettature che riescono a offrire, con un lavoro veramente sartoriale e meticoloso.

Lo Spumante Rosé Brut Continuo, dal vitigno “crossing” di merlot e petit verdot, è prodotto con metodo charmat lungo, con un dosaggio di 6g/l. La lavorazione prevede l’assemblaggio di due vendemmie (in questo caso 2019 e 2020) con diversa permanenza sui lieviti (12 mesi e 4 mesi). Questa varietà di uva consente di mantenere l’acidità anche se la raccolta avviene a piena maturazione, verso fine settembre. Colore rosa tenue; perlage fine e ricco; naso intenso, con ampio bouquet floreale sommato a fico d’India e scorza d’arancio; il sorso è denso e riempie il palato, con buona persistenza e tanta materia.


Materia è proprio il nome del rosato fermo Toscana IGT (di cui lo spumante rappresenta appunto un continuo), annata 2020, sempre da uve ibride merlot/petit verdot. 13,5°, pressatura soffice a grappolo intero immerso in ghiaccio secco, fermentazione anche malolattica, il Materia si distacca in modo netto dai classici rosé “leggerini”, perché alla freschezza abbina sostanza, con naso balsamico e sorso pastoso, dalla caratteristica nota ferrosa e bell’equilibrio complessivo. Vino “da merenda”, da accompagnare a salumi e formaggi o a piatti di pesce elaborati, senza però tralasciare l’opzione aperitivo.

Il bianco L’Aryah Toscana IGT 2020, da pochi giorni in vetro, mostra l’abilità di Letizia e Cristian nell’affermare un proprio stile originale. 100% sauvignon blanc, vendemmiato in due fasi: una a metà agosto per esaltare l’acidità, l’altra a metà settembre quando il frutto arriva a sviluppo completo. Le masse sono poi vinificate in vasche separate, con assemblaggio qualche settimana prima dell’imbottigliamento, che avviene sotto azoto. Il mix crea un gusto sorprendente: colore giallo brillante; profumi croccanti e avvolgenti, di papaya, ananas e frutto della passione; nella beva la componente fruttata è bilanciata dalla sapidità e dalla spalla acida, con tanta lunghezza in bocca. Interessanti anche le prospettive di evoluzione, che possono senza problemi arrivare a 3 anni.


Vino d’esordio dell’azienda, il rosso Scutum (col nome che richiama Montescudaio) Toscana IGT 2019 è 60% cabernet sauvignon e 40% vitigno ibrido. Una minima parte della massa fa passaggio in barriques non nuove, solo per levigare i tannini, mentre il resto rimane ad affinare in acciaio. I gradi si fermano a 13,8° grazie all’apporto del “crossing”, che riequilibra l’alcolicità e giova alla scorrevolezza. Da soli 3 mesi in bottiglia, lo Scutum necessita ancora di tempo per esprimersi al meglio, ma già si possono apprezzare la piacevole freschezza, l’alcool ben integrato e la vivacità del frutto (con amarena in evidenza), mentre tra gli aromi spiccano foglia di thé, radice di liquirizia e note pepate.

Piccola cantina uguale grande amore per il vino, racchiuso nel logo stesso dell’azienda: la macchia, il primo imprinting che il vino lascia negli occhi e nella memoria. Per chi fosse curioso di scoprire la tenuta da vicino, Letizia e Cristian organizzano varie iniziative legate alle degustazioni: dal trekking allo yoga, fino a una suggestiva cena al tramonto in mezzo alle vigne, sempre con la loro squisita accoglienza.

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