ENOMUNDUS: IL VINO SENZA CONFINI

Nell’ampio calendario italiano degli eventi sul vino, pochi sono quelli dedicati esclusivamente ai produttori stranieri. Con l’intento di colmare questo divario si è tenuta lo scorso giugno a Villa Castelletti (Signa, FI) la prima edizione della fiera EnoMundus, in cui buyers, professionisti del settore e appassionati hanno potuto incontrare cantine provenienti da oltre 10 paesi, tutte contraddistinte dall’alta qualità e dal forte legame col territorio di provenienza.

EnoMundus è un progetto pensato da Olfa Haniche (sommelier AIS, consulente commerciale e promotrice di eventi enogastronomici), in collaborazione con il team della rivista Firenze Spettacolo. Grazie all’ampia conoscenza del panorama enologico internazionale, sviluppata nelle sue esperienze professionali, Olfa ha offerto al pubblico una selezione di vini esteri molto accurata e originale, utile a stimolare curiosità e interesse verso mondi spesso trascurati dalle carte dei ristoranti o dagli wine shop nostrani.

Il mio percorso degustativo si è concentrato su due sponde agli estremi opposti del Mediterraneo: il Libano e le Isole Baleari in Spagna. Mi inizia alla viticoltura del Libano Georges Michon di Wineus, distributore per l’Italia e l’Europa dei prodotti di Chateau Trois Collines, azienda che si trova nella valle di Bekaa, in una fascia montagnosa ma a soli 70 km di distanza dal mare. A dispetto dell’altitudine (siamo a 1500 metri!) si tratta di una delle principali zone agricole del Medio Oriente, dove ha sede l’80% dei produttori di vino libanesi. Grandi escursioni termiche (spesso oltre i 20 gradi fra giorno e notte), brezze costanti, terreni rocciosi, nevicate invernali che garantiscono riserva di acqua, rendono la valle un luogo ideale per la coltivazione della vite.

Qui la diffusione del vino in larga scala risale all’epoca romana, testimoniata dalla presenza di un noto tempio dedicato al dio Bacco; nei secoli successivi il dominio ottomano pose però fine alla produzione, che riprese solo nel 1800 grazie al permesso dato ai gesuiti di impiantare viti a fini religiosi. Un nuovo stop fu causato dalla sanguinosa guerra civile che martoriò il Libano dal 1975 al 1990, e solo alla fine del conflitto tornò a svilupparsi l’agricoltura.

Il progetto di Chateau Trois Collines nasce con i primi impianti del 2011, mentre l’uscita sul mercato parte dal 2016-17. L’azienda si avvale di enologi e agronomi formati in Francia; di origine francese sono anche i principali vitigni coltivati, ma con diversi “innesti” da altre regioni (Tempranillo dalla Spagna, Sangiovese dall’Italia, Agiorgitiko e Assyrtiko dalla Grecia), che riconducono idealmente alle tante influenze storico-culturali vissute dalla nazione.

L’attuale produzione annua – interamente certificata biologica – ammonta a 150.000 bottiglie, con l’obiettivo di arrivare a 300.000. Piuttosto numerosa la gamma delle etichette, con una nutrita presenza di bianchi e rosé, in linea con le richieste dei consumatori locali. Da sottolineare che la grafica, evocante la morfologia delle tre colline che circondano la cantina, è frutto di un concorso bandito all’università di Beirut.

Lo stile dei vini privilegia la freschezza, le note fruttate e la mineralità, grazie alle caratteristiche pedoclimatiche della valle. A mio gusto si evidenzia il Pinot Noir 2018 in purezza, affinato un anno in botti di rovere, fine, ricco di note erbacee e vegetali, con spezie in sottofondo, di godevole persistenza. Ottimo anche il bianco Nysa 2020 (nome del luogo dove, secondo la leggenda, fu cresciuto il dio Dioniso – Bacco per i romani), blend di sauvignon blanc e chardonnay, che abbina aromi di frutta esotica a un’importante acidità, col sorso che arriva diretto e verticale.

L’impronta della storia contrassegna anche la piccola cantina di Maiorca presente a Enomundus, che porta l’originale nome di 7103 – Petit Celler. Miguel Puigros, direttore commerciale dell’azienda, mi racconta che a Maiorca i terreni non si misurano in ettari, bensì in quarteradas, pari a 7103 mq, numero corrispondente a 40 volte l’estensione delle braccia di re Giacomo I, liberatore dell’isola dalla dominazione degli arabi. 7103 viene ufficialmente fondata nel 2013 su iniziativa di due giovani imprenditori, provenienti da esperienze professionali nel settore e da una tradizione familiare di vignaioli, intenzionati a creare vini dal taglio giovane e allo stesso tempo radicati nel territorio.

La proprietà si estende su 38 diverse parcelle nel comune di Santa Maria del Camí (nord est di Palma di Maiorca), con differenti tipologie di suoli, e vigneti di età compresa fra 10 e 60 anni: elementi che, assieme alla grande varietà di vitigni autoctoni coltivati, permettono di ricavare una gamma di prodotti estremamente ricca e particolare, raccolta in una produzione totale di circa 70.000 bottiglie. Delle parcelle complessive, 20 hanno già la certificazione biologica, mentre le altre sono in via di riconoscimento; tutti i vini sono invece certificati vegani.

Come accennato, il catalogo di 7103 conta su numerose (e curiose!) etichette sotto la denominazione “Vi de la terra – Mallorca”. Per partire assaggio il Premsal Blanc 2021, dal vitigno omonimo, bianco di bassa acidità, dal gusto fruttato e leggero (solo 11 gradi), elevato in acciaio. Il Blanc de Mantonegro 2021 si ricava vinificando in bianco i grappoli di mantonegro – uva locale a bacca rossa molto versatile – con affinamento in tank a forma di uovo; fra le note spiccano il colore giallo brillante, la mineralità e il corpo avvolgente, di buona struttura.

Nel Rosat 2021, rosé 100% mantonegro, il mosto resta due giorni a contatto con le bucce, mantenendo una colorazione tenue. Delicato in bocca, a dispetto dei 13 gradi, regala dolci sentori di piccoli frutti di bosco e fragola. Le espressioni più mature e articolate del vitigno si trovano nel Negre Bóta 2019 (70% mantonegro, 30% merlot), che riposa 12 mesi in botti da 500 litri, e soprattutto nel 40 Braces Negre 2019, mantonegro in purezza affinato 14 mesi in legno, complesso e potente, realizzato solo nelle annate migliori.

Proseguendo nel vasto campionario delle varietà locali, ecco l’orange Brisat 2021, che proviene da un’altra uva autoctona recuperata dall’oblio: la Giró Ros. Dall’attraente colore ambrato – dato dalla permanenza del succo sulle bucce per oltre una settimana – il Brisat svolge il ruolo di bianco alternativo, per consistenza, ampiezza e accenti tannici. Chiude un altro prodotto tipico dell’isola, il Rosat semidolce 2021, da uve Callet e Premsal Blanc, dove la fermentazione viene interrotta a 35 mg di residuo zuccherino, fermentato in acciaio e di soli 11,5 gradi. Pensato come vino da fine pasto o da meditazione, può affrontare anche abbinamenti insoliti, come crostacei o altri cibi a cottura leggera.

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