BIOLOGICI E CREATIVI: ECCO I VINI DELLA FATTORIA DI POGGIOPIANO

In attesa che le manifestazioni dedicate al vino possano ripartire in sicurezza, frugando nel mio virtuale cassetto degli appunti ho ritrovato alcune note di degustazione su un’entusiasmante cantina toscana, raccolte durante Enogastronomica 2019, rassegna fiorentina del gusto che si tiene abitualmente nella sede della Fortezza da Basso, e che lo scorso anno ha toccato la settima edizione. Ci tengo dunque a riproporle in veste di articolo, sia come auspicio per un progressivo ritorno a eventi e wine tour, sia perché mi sentivo in debito di riconoscenza verso vignaioli che hanno speso per me tempo e attenzione.

Mauro e Martina Galardi, della Fattoria di Poggiopiano

Quando la sensibilità per l’ambiente incontra la creatività, i risultati sono certamente accattivanti. E’ quanto accade alla Fattoria di Poggiopiano della famiglia Galardi, dove in soli quattro ettari e mezzo vitati – un altro ettaro sarà presto operativo – si concentra un ventaglio di proposte ampio e originale. Situata su un altipiano (da qui il nome) fra le colline di Fiesole, a circa 150 metri di altitudine e alle porte di Firenze, la tenuta ha da poco toccato il traguardo dei venti anni dall’ottenimento della certificazione biologica: un’accuratezza che nel tempo si è estesa ad altre pratiche di basso impatto, quali l’uso del fotovoltaico, la raccolta delle acque piovane, fino all’introduzione di bottiglie più leggere e di un’etichettatura ridotta. I terreni, in prevalenza di argilla e calcare, godono di buona ventilazione grazie alle correnti che provengono dalla vallata dell’Arno, e che contribuiscono a mitigare il clima e a pulire l’aria.

Come accennato, tanta varietà nella gamma dei vini, tutti introdotti da Mauro e Martina Galardi, padre e figlia, i due cuori pulsanti dell’azienda. Parto con l’Erta al Mandorlo bianco Toscana IGT 2018, 60% Trebbiano toscano e 40% Verdicchio in uvaggio, dal colore giallo paglierino brillante, distinto da buona struttura, media acidità e da un’interessante bouquet di aromi (ricordi di frumento, fieno, malva e pappa reale). Concordo con l’abbinamento che mi viene suggerito: il tipico coniglio fritto.

Stesse uve ma diversa elaborazione per il VinOrange – nome già rivelatore – bianco Toscana IGT 2017 in edizione ultra limitata, col mosto che resta a contatto un mese sulle bucce e affina sulle proprie fecce fini con sei mesi di barrique. Il morbido colore aranciato velato (il vino non è filtrato) lascia presupporre un profilo di personalità, confermato dai profumi – che spaziano dal fico secco, all’arachide tostata, alla buccia d’arancia candita – e dal corpo tannico, appena addolcito da un tocco di vaniglia. Un vino indicato per associazioni insolite, come formaggi dal gusto forte o il tartufo bianco.

Ritorno alla tradizione con il Voce Alla Terra Chianti Superiore DOGC 2015, su base Sangiovese con 10% Colorino e 5% Cabernet Sauvignon. Qui il lavoro si concentra sulle rese, con i filari sottoposti a vendemmia verde circa due settimane prima della maturazione, lasciando un solo grappolo per tralcio. La maturazione avviene in acciaio e, per parte del mosto, anche in barriques usate. Colore rosso rubino tenue; al naso note di ciliegia, susina rossa e cannella; consistenza media e alcolicità importante, con tannini morbidi: il Voce Alla Terra ha un suono equilibrato e nostalgico, che piacerà agli amanti dei Chianti veraci.

Chiusura di nuovo all’insegna dell’inventiva grazie al Poggio Galardi In Anfora rosso Toscana IGT 2015, blend di 55% Merlot e 45% Cabernet Sauvignon, con maturazione della massa per metà in barrique e per l’altra in anfore di terracotta (che la cantina ha introdotto già dal 2008), a cui segue un affinamento di alcuni mesi in bottiglia. L’articolata elaborazione regala un vino che bilancia forza e scorrevolezza, dove i 14,5° quasi non si avvertono, celati fra fini tannini, un’acidità gentile e un frutto ancora vivo.

Ma la vena sperimentale del tandem Mauro-Martina non si ferma qui: in progetto c’è il recupero di vitigni toscani storici dalla diffusione ormai ridotta, come l’abrusco e la malvasia nera. D’obbligo perciò seguire con grande interesse l’evoluzione della Fattoria di Poggiopiano, magari andando a trovarli direttamente in cantina e, appena possibile, a soggiornare nel bell’agriturismo che fa parte della tenuta.

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